lunedì 20 agosto 2018

La foto di Orta

La foto di Orta, di Laura Pariani, editrice Interlinea.

“Su quel piccolo lago era sospesa una nota malinconica e languida che faceva bene all’anima”

La foto di Orta non è un saggio, non è biografico dell’autrice, non è biografico di Nietzsche.
La casa editrice ‘Interlinea’ lo dà sotto la voce romanzo.
Forse lo si può catalogare, più propriamente, sotto la voce romanzo-biografico.
Romanzo in quanto non sa e non descrive segnatamente di episodi storici della vita del filosofo.
Biografico per lo scavo condotto con accentuata sensibilità immaginativa e penetrazione psicologica, talché non sussunto sotto la specie del vero ma senz’altro del possibile verosimile.
Inizialmente ho provato un senso di fastidio e ricusazione alla descrizione di Nietzsche, il filosofo dinamite, come quella di un uomo minato nel fisico, debole, tormentato psichicamente e fisicamente dalla rosicazione del male della malattia in inclemente progressione. Incapace di reagire con ferma volontà allo sgretolarsi della sua personalità, inetto di fronte alla prepotenza astiosa della sorella.
Appariva quasi un attacco con accentuazione derisorio femminile alla figura dell’uomo consegnato alla fame della storia.
Procedendo poi nella lettura ho rilevato il mio errore. Tutto il fino procedere nell’immaginazione di quello che può essere stato il sentire e soffrire personale dell’uomo, è condotto con grande partecipazione e simpatia per lui.
Il più delle volte nei numerosi incisi in corsivo dei sentimenti personali dell’autrice, c’è quasi una fusione amalgamante di visioni e riflessioni sulla vita, seppur ciascuno nell’alveo della propria esistenza esperienziale.
A tratti, in ispecie verso la fine dell’opera, commovente e partecipativa.
All’autrice le sono occorsi due anni di ricerche biografiche, di acquisizioni di notizie storiche dei luoghi, abitudini, consultazioni di reperti e documenti di vario genere, in un amalgama di indagini e riflessioni.
Un percorso impervio e una capacità immaginativa notevole a crescita dello scalpello che ha cercato di incidere un’immagine vibrante del filosofo e del declino mentale dei suoi ultimi anni.
Molto particolare il lessico personale dell’autrice, che porta direttamente alla vista l’immagine che vuole evidenziare senza passare per la descrizione testuale.
Il clou della narrazione si incentra sul sentimento di catastrofica delusione e di naufragio psicologico, con note quasi paranoiche, del filosofo al rifiuto di Lou Salomè di sposarlo.
La filigrana dell’opera è una foto di Nietzsche assieme a Lou, fatta ad Orta.
Di questa foto si ha soltanto una menzione da parte del filosofo, essendo la stata la stessa fatta a pezzi, pare, dalla di lui sorella.
(paolo patrone, 18 agosto 2018)

Due passi dell’opera:

“Ché, forse tutte le persone che, come te, scrivono, lo fanno a causa di una sorte di insoddisfazione nei confronti della realtà, per cui si sentono spinte a correggerla, a ricostruirla in un universo di immagini e storie tutte loro. Anzi si potrebbe dire che la tua fortuna è proprio la scrittura.”.

“Come potrei non scrivere di questo personaggio, volgere lo sguardo dall’altra parte strapparmi da lui? In questi due anni che ho passato con te, seguendoti nel tuo pellegrinaggio di ricordi ortesi, quella fotografia poco a poco sono riuscita a ricostruirla. Come sfondo, l’argento del lago sotto le nubi del pomeriggio, col profilo dell’isola di San Giulio, le barche coperte e le lavandare…colori smorti, disseccati come quelli della foglia spumosa d’agrifoglio che conservasti per anni nel tuo Badeker, chiusa in un foglietto piegato con la scritta “Orta, Monte Sacro, 5 maggio 1882”. Mi aggrappo a questa ipotetica immagine che mi sono costruita come fosse un ponte tra il tuo vero essere e me, un nesso che va al di là delle cose che tu hai lasciato scritte. E cerco di crearmi un vuoto mentale, mentre mi accingo a raccontare il finale della storia. Nei dintorni dell’anima, dove io non sono più.”.

Mia nota: Lou Andreas-Salomè è stata una donna stranissima ma di gigantesca dimensione culturale, filosofica e psicologica. Di rara penetrazione i suoi saggi, contributi e intuizioni psicanalitiche. Vergine fino all’età di 36 anni, soggiogò personalità come Nietzsche e Freud. Del primo, cui comunque indirizzò il sentiero di Zarathustra, accese l’insulto memorabile di una missiva a lei dedicata, il secondo, Freud, invece, contro quello che era la sua natura, lo mandò su tutte le furie. Eppure lei ne «L’umano come donna» aveva scritto «La donna deve assoggettarsi all’uomo con umiltà, spontaneamente e prontamente», ritenendo, molto probabilmente, la donna superiore all’uomo come adattamento alle situazioni e quindi di essere in grado di assumere entrambi il ruoli, quella della libertà, capacità e patrimonio irrinunciabile e come costola di Adamo.
Luca Colferai, nella bella chiusa di un suo articolo, scrive: “Lou von Salomé (in Andreas) morì nel 1937 a Gottinga a settantasei anni nel sonno, nella Germania turpemente nazista. Il mondo stava cambiando e sarebbe cambiato sempre di più. Di quel turbinio di filosofi poeti psicologi incantati a scrutare negli abissi, vertiginosamente in corsa tra le capitali d’Europa, furiosamente anelanti a traguardi inarrivabili, molto dediti a stupefacenti e trastulli indecenti, tanto ammantati di concetti e parole tragicamente immensi, di cui Lou Salomé fu musa partecipe e testimone attivo, non sarebbe rimasto più nulla”.
(paolo patrone 18 agosto 2108)

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